Al MARKETERs Festival 2019 la nostra Alessia Miotto ha avuto l’occasione di scambiare due chiacchiere con Francesco Guidara, direttore Marketing e Business Development di Boston Consulting Group per il sistema Italia, Grecia, Turchia e Israele e marketing advisor sui temi Purpose per alcune delle aziende clienti di BCG. All’evento ha partecipato in qualità di speaker al roundtable sul tema Digital Strategy, approfondendo quali sono le opportunità e i pericoli che le aziende si trovano ad affrontare nell’impostazione di una strategia digitale adeguata alla propria realtà e allo stesso tempo in linea con i più aggiornati canoni di cultura e innovazione. Il nostro obiettivo? Approfondire gli interessanti spunti di riflessione emersi durante la roundtable e scoprire quali sono le best practice di un leader di questo settore.

Francesco grazie per dedicarci questo tempo per porti alcune domande, ma innanzitutto, spiegaci cosa fate in BCG e raccontaci qualche esempio di trick di marketing che ha contribuito al raggiungimento di un grande risultato.

Ciò che facciamo è portare la conoscenza nel modo più preciso e tempestivo alle audience che possono trovarla più utile possibile, quindi aiutare i decisori di qualunque livello, età e organizzazione ad avere maggiori informazioni prima di assumere una decisione. Ciò significa che l‘aspetto fondamentale del content marketing oggi è la segmentazione attenta delle audience, la capacità di parlare su tutti i canali, la reportistica delle attività e – come trend che a mio parere si sta sempre più affermando -l’attitudine a mescolare i canali per portare un po’ più di disruption e di confusione creativa all’interno del marketing mix.

Questo lo si raggiunge in molti modi. Intanto aumentando il tasso di creatività, sviluppando partnership innovative. Non è tempo di essere troppo didascalici o  meccanici, ma operare piuttosto per un rovesciamento del tavolo. Ormai siamo tutti consumatori abituati a ricevere certi tipi di messaggi. Ciò che passa e rimane davvero è la capacità di essere unexpected, quindi sorprendenti per le persone che ascoltano, che leggono le nostre analisi, che consumano i nostri prodotti.

Lo stesso mondo della consulenza strategica sta cambiando pelle, ripensando in profondità il proprio positioning: dal tema visual e dal logo stesso, al modo con il quale parliamo, al linguaggio che utilizziamo, alle persone che scegliamo, ai colori, al branding, fino al modo in cui disegniamo e viviamo gli uffici e gli spazi del nostro lavoro… Oggi i consulenti BCG sono ospitati in giro per il mondo in uffici che sono sempre più iconici. Penso agli uffici di Berlino, di New York, di Boston e di Milano dove abbiamo la fortuna di lavorare in uno spazio allo stesso tempo funzionale e storico. Un ufficio a fianco delle guglie del Duomo, che ha ospitato a fine 800 Filippo Turati e Anna Kuliscioff e che oggi è un contenitore digitale di tecnologie e prodotti innovativi.

New York è un altro esempio. Da Park Avenue BCG ha scelto di spostarsi in Hudson Yards, in quello che è oggi uno dei cuori pulsanti di Manhattan. Questo è innegabilmente un fattore attrattivo per i giovani talenti. Bisogna considerare che oggi BCG ha un‘età media di 29 anni e ciò che spesso contribuisce a fare la differenza è la capacità di attrazione verso target giovani che hanno grande facilità a spostarsi ed una sensibilità forte al design, all‘unicità e alla bellezza. Cambiano gli spazi, così come cambiano le organizzazioni, e se c’è un filo che unisce queste trasformazione è una identica apertura alla diversity. Una ampia letteratura conferma che più alto è il grado di diversity, non solo di genere, maggiori sono gli effetti positivi e l‘impatto sulla quotidianità di ogni lavoro.

 

Per BCG cosa significa?

Molte cose. Significa ad esempio avere più persone di età ed esperienze diverse, significa magari portare un filosofo o un fisico in più nei nostri team ed un ingegnere in meno. Ecco, tutto questo arricchisce di valore le cose che fai e il lavoro a fianco dei clienti. 

 

Collegandoci al tema trend che hai introdotto poco fa, quali sono secondo te i trend che hanno maggiormente caratterizzato il 2019 e quali potrebbero essere i trend del 2020?

Un trend molto forte, non nuovo ma molto potente, è quello del branded content, ovvero il fatto che ormai le organizzazioni sono esse stesse capaci di creare contenuti di qualità che hanno identica dignità rispetto ai contenuti che arrivano dalle fonti più istituzionali. Noi stessi come BCG siamo oggi diventati una fonte di contenuti che è paragonabile a quella delle principali testate manageriali e dei Think Tank più autorevoli in giro per il mondo. Io personalmente per il mio percorso di giornalista finanziario vivo questo come una enorme opportunità per essere a fianco e aiutare i nostri clienti nella comprensione dei fenomeni sociali ed economici che ridisegnano le arene competitive. Non facciamoci trarre in inganno dalla crisi del giornalismo tradizionale: oggi c’è una domanda fortissima di conoscenza e di contenuto di qualità, soprattutto in un’epoca in cui noi annaspiamo in un overloading informativo, in cui si ascoltano migliaia di informazioni tutti i giorni. Mi ha colpito un dato che ho letto recentemente: oggi nella nostra testa immagazziniamo – fra testi e immagini – una media 30 gigabyte di informazioni al giorno. Tutto questo generalemente scompare nel giro di poche ore, eppure quando troviamo la qualità e l‘eccellenza nel contenuto ne restiamo letteralmente folgorati. Questo è esattamente il concetto di bellezza: vediamo distrattamente 100 cose al giorno ma sappiamo fermarci ed emozionarci non appena inciampiamo in qualcosa di bello e unico.

 

Parlando invece di mezzi e strumenti, qual è il canale di marketing che possiamo considerare obsoleto?

Secondo me più che obsoleto, direi che è pericoloso l’uso non ragionato del digitale. Tutte le volte in cui si pensa che “buttando un po’ di digitale” in qualunque processo o prodotto si stia facendo la scelta migliore, in realtà si commette un errore. Nell‘ubriacatura del termine digital, purtroppo, ci si dimentica di valutare se e quanto è aumentata la produttività, quanto il digitale sia stato in grado di unire la filiera e la catena del valore dei fornitori, quanto abbia aiutato a stimolare l’ecosistema virtuoso delle startup o automatizzato la forza lavoro delle organizzazioni.

Anche nel marketing, più che al digitale tout court, è utile pensare alla strategia e alla disciplina strategica, altrimenti si corre il rischio di cercare scorciatoie digitali che dopo sei mesi ti riportano a dove sei partito.

 

Rimanendo sempre in tema di canali e strategia: per tua esperienza, quando si elabora una strategia da che canali è consigliabile partire?

Noi partiamo sempre ponendoci una domanda ben precisa: “Why?”. Alla fine quello che cerchiamo è riconoscere in ogni azione di marketing un chiaro Purpose: perché sto facendo questa iniziativa? Qual è l’obiettivo che mi prefiggo? Dopodiché le audience, il “come?” e i dettagli. Ma non partiamo mai da “facciamo questa cosa”. Partire dal “perché” è fondamentale, poiché anche la strategia di marketing deve muovere da un need molto chiaro. È poi fondamentale non mescolare le audience e capire se un certo tipo di messaggio è destinato ad un pubblico growing, cioè che sta crescendo come per esempio questo di Vicenza (il pubblico del MARKETERs Festival), o per un pubblico established, come ad esempio manager che siedono nei grandi board delle aziende. Il messaggio deve essere chiaramente veicolato in modo diverso. In un’epoca in cui tu customizzi tutto, anche il messaggio non si sottrae: deve essere attentamente modellato. Noi in BCG pensiamo secondo il “thinking in new boxes”, cioè non pensare “out of the box”, ma in “new boxes”, che vuol dire che le categorie esistenti vanno forse ripensate e vanno create categorie nuove in cui collocare le proprie attività.

 

Thinking in new boxes è un ottimo metodo per approcciare il proprio lavoro e rimanere in prima linea rispetto a tutte le novità e i cambiamenti che avvengono nel mercato. A tal proposito vorrei porti una domanda un po’ più personale: cosa fai per tenerti al passo con i tempi? Segui qualche Industry in particolare?

Ogni anno seguo come spettatore che ascolta e prende appunti, quindi non da speaker, una quindicina di grandi eventi sia in Italia che all’estero: dai TEDx, all‘House of the Beatiful Business di Lisbona al Lions Festival di Cannes, dal Meeting di Rimini al Summit di Milano dei pubblicitari dell’UPA. In realtà non serve necessariamente andare in posti lontani, talvolta basta un ottimo collegamento su YouTube ed è possibile vedere e ascoltare tutto. Però se non fai questo, se non crei stabili fonti di ispirazione corri il rischio di perdere un po‘ di freschezza nella tua attività, e ti diverti molto meno!

Il secondo consiglio è quello di mettere la testa in cose che  non c’entrano nulla con il tuo mondo. Un esempio: se ti occupi di digital marketing per una banca, perché non curiosare nei piani Marketing dei maggiori teatri di Opera lirica, o seguire lo scontro di advertising fra Burger King e McDonalds? O rileggere le storie epiche dei grandi turnaround degli anni 80 e 90 che offrono moltissimi stimoli.

Personalmente sono curioso di ciò che accade nel mondo del food, che fa delle cose sempre illuminanti, dell’automotive, della narrazione dei grandi brand sportivi. Il rischio principale è buttare via tempo e su questo la pigrizia da social network è un rischio forte per ognuno di noi. Poche settimane fa mi ha colpito una bellissima campagna del Wall Street Journal a New York: “Read yourself past the hashtags. Read Yourself Better“. È davvero tempo di leggere bene e non sprecare tempo.